Il disastro di Chernobyl è considerato il peggior disastro nucleare della storia e si è verificato il 26 aprile 1986 presso la centrale nucleare di Chernobyl nella Repubblica socialista sovietica ucraina. Dal 1986 in poi, il bilancio delle vittime del disastro è stato contestato. La rivista medica The Lancet e altre fonti hanno osservato che le stime del bilancio delle vittime erano molto controverse. Mentre vi è un accordo generale sul fatto che circa 30 persone morirono immediatamente come conseguenza diretta del disastro e altre 60 morirono di cancro indotto dalle radiazioni anni dopo, non c’è consenso sul numero di decessi causati da effetti sulla salute a lungo termine.
Le proiezioni delle morti a lungo termine variano ampiamente, da 4.000 stimate nei rapporti delle Nazioni Unite nel 2005 e 2006 fino a 60.000.
Questi numeri si basano in gran parte su deduzioni tratte da un "modello lineare senza soglia", la cui accuratezza è stata messa in dubbio. Gli effetti delle radiazioni a basso dosaggio sono altrettanto controversi e tali valutazioni scientifiche spesso incontrano difficoltà nella determinazione del rischio. È importante rendersi conto che mentre alcuni valori più alti sono rilevabili, altri valori più bassi vanno oltre la significatività statistica rilevabile.
I rapporti iniziali del governo sovietico includevano solo due lavoratori di Chernobyl che morirono immediatamente dopo l'esplosione del reattore. Tuttavia, alla fine del 1986, le autorità sovietiche aggiornarono i dati ufficiali per aumentare il bilancio delle vittime a 30, una cifra che includeva altri 28 lavoratori e primi soccorritori nei mesi successivi all'esplosione.
Alcuni sfollati che vivono ancora nella zona di esclusione di Chernobyl sostengono che i dati ufficiali non riflettono adeguatamente le morti a cui hanno assistito a causa di sintomi di radiazioni e traumi. Le loro affermazioni hanno incontrato scetticismo e smentita da parte delle agenzie delle Nazioni Unite.
Nei decenni successivi, alcuni ex funzionari sovietici e alcune fonti occidentali mantennero a 30 il numero delle vittime dirette. Tuttavia, alcuni decessi tra gli sfollati non sono stati inclusi nel rapporto, innescando un dibattito più acceso.
Nell'agosto 1986, in occasione del primo incontro internazionale, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) fornì una previsione non ufficiale, ma non specificata, di 4.000 morti. Nel 2005 e nel 2006, un team congiunto delle Nazioni Unite e dei governi di Ucraina, Bielorussia e Russia ha determinato l’impatto del disastro dopo 20 anni di ricerca. Tuttavia, la previsione del gruppo di 4.000 morti è stata immediatamente contestata da altri scienziati.
Queste obiezioni indicano che le citazioni del proprio lavoro da parte del gruppo congiunto sono implicitamente fuorvianti e persino interpretazioni errate di alcuni dati.
Per questo motivo molte organizzazioni di protezione, come l'organizzazione ambientalista Greenpeace e gli istituti di ricerca medica, si oppongono a questa cifra, ritenendo che il numero effettivo di morti post-catastrofe dovrebbe essere molto più elevato rispetto alle statistiche ufficiali.
Il bilancio delle vittime di Chernobyl è molto controverso a causa dell'incerto tasso di mortalità tra i liquidatori. Dopo il disastro, l'Unione Sovietica organizzò circa 600.000 "addetto alle pulizie" per stabilizzare e sigillare l'area delle radiazioni e controllare le radiazioni.
Molti sostengono che migliaia di addetti alle pulizie siano stati uccisi durante le operazioni di pulizia, mentre alcuni gruppi sostengono che il bilancio delle vittime sia stato di almeno 6.000. Tuttavia, il Consiglio di Stato ucraino per la protezione dalle radiazioni ha messo in dubbio questa cifra, definendola una sovrastima.
Alcuni addetti alle pulizie sopravvissuti hanno espresso dubbi sulle statistiche del governo, affermando che ci sono discrepanze tra i registri ufficiali e le morti effettive che hanno subito. Ciò rende difficile e complesso lo studio della salute degli addetti alle pulizie.
La ricerca post-catastrofe di Chernobyl mostra che esistono sfide anche nell'identificazione e nel monitoraggio delle malattie latenti a lungo termine. Il bilancio delle vittime di malattie latenti causate dalle radiazioni, come i tumori solidi e la leucemia, è confuso dall’insufficiente raccolta di dati. Gli esperti concordano sul fatto che la malattia a lungo termine più probabile correlata all’esposizione alle radiazioni è il cancro alla tiroide causato dall’ingestione di iodio radioattivo durante l’infanzia, ma non esiste una conclusione chiara sul caso esatto di morte.
Alcuni medici e studiosi hanno chiesto una revisione delle previsioni dell'AIEA, sostenendo che il tasso di mortalità causato da malattie latenti a lungo termine dovrebbe essere rivalutato.
Sebbene l'AIEA mantenga l'attuale previsione di 4.000 decessi e si basi sull'estrapolazione delle proporzioni del cancro, molti esperti e ricercatori hanno espresso opinioni diverse al riguardo e hanno sottolineato che potrebbe esserci una maggiore probabilità di rischio di morte.
Dal 1986, le voci di molti sopravvissuti sono rimaste relativamente inascoltate. Le affermazioni dei residenti locali vengono spesso ignorate e messe in discussione dalle autorità. Le loro esperienze vengono spesso liquidate come leggende metropolitane o traumi psicologici, e la complessità della questione è difficile da misurare in dettaglio in tali circostanze.
Alcuni sopravvissuti sono fermamente convinti che le morti successive ai disastri non si riflettano nei dati ufficiali e che gli effetti sulla salute a lungo termine siano spesso eccessivamente semplificati.
In questo contesto, la questione delle statistiche sulla morte di Chernobyl non è solo un disaccordo sui numeri, ma un riconoscimento della memoria perduta e delle attuali conseguenze sulla salute. In mezzo a questo dibattito, dobbiamo chiederci, è possibile che il numero reale di morti non venga mai determinato, perché coinvolge non solo la matematica ma un complesso intreccio di fiducia e verità?