Con l'aumento dell'impatto delle attività umane, gli ecosistemi della Terra stanno subendo cambiamenti senza precedenti. Tutto ciò sta diventando sempre più evidente in quello che chiamiamo Antropocene. Gli ecosistemi emergenti non sono semplicemente continuazioni della natura, ma habitat costruiti, modificati o progettati dall’uomo, privi di controparti naturali e che hanno già trasformato due terzi delle terre emerse originarie del mondo.
I nuovi ecosistemi sono caratterizzati da una composizione e da un funzionamento diversi rispetto ai sistemi del passato, segnando l'arrivo di una nuova era ecologica.
Quando consideriamo gli attuali problemi ambientali, non possiamo ignorare le sfide e le opportunità presentate da questi nuovi ecosistemi. Questi ecosistemi, come Technosols, Technodiversity, Anthromes e Technosphere, dimostrano il profondo impatto degli esseri umani sull'evoluzione ecologica.
Il cosiddetto "nuovo ecosistema" si riferisce a una combinazione completamente nuova di ecosistemi attuali e passati, emersa grazie all'intervento umano. In effetti, questi cambiamenti sono un riflesso diretto dei cambiamenti nel sistema climatico globale, delle specie invasive, delle estinzioni di massa e delle perturbazioni nel ciclo dell'azoto, tutte conseguenze dirette dell'attività umana.
Ad esempio, le città densamente popolate, i terreni agricoli o le terre abbandonate sono tutti luoghi in cui emergono nuovi ecosistemi, e la storia ecologica e le dinamiche di questi siti stanno attirando sempre più l'attenzione degli ecologi.
Si tratta di un cambiamento culturale senza precedenti, che ha portato il rapporto tra esseri umani e natura a un livello completamente nuovo.
Sulla base della ricerca, gli studiosi hanno suddiviso gli ecosistemi umani in 21 tipologie diverse, tra cui aree densamente popolate, villaggi, terreni agricoli, praterie, foreste e aree selvagge. Inoltre, gli esseri umani occupano una quota impressionante delle risorse di questi ecosistemi, rappresentando il 23,8% della produzione primaria netta mondiale.
Questi dati sono sconvolgenti perché evidenziano l'ampiezza e la profondità dell'impatto che una singola specie, l'essere umano, ha sull'intera biosfera.
Con il termine noosfera si intende la "sfera del pensiero umano" e l'origine di questa parola è strettamente correlata al suo significato originale, che riflette il ruolo dell'intelligenza umana nell'ambiente. Il concetto fu proposto per la prima volta da Pierre Teilhard de Chardin, le cui idee esprimevano il modo in cui il pensiero umano contribuisce al cambiamento e allo sviluppo degli ecosistemi.
La tecnosfera non è solo una continuazione dell’approvvigionamento dell’ecosistema, ma anche un riflesso dell’interferenza e della competizione della diversità tecnologica sulla vita naturale.
I cosiddetti ecosistemi tecnologici si riferiscono a quei sistemi basati sulla tecnologia che formano complesse relazioni ecologiche nel processo di interazione con i sistemi naturali. Gli ecosistemi tecnologici richiedono in genere un elevato consumo energetico e sono accompagnati da un consumo eccessivo di acqua e dall'emissione di sostanze chimiche tossiche, il che esercita un'enorme pressione sugli ecosistemi naturali.
Con l'accelerazione della globalizzazione, questi ecosistemi tecnologici si espandono a un ritmo vertiginoso. Ad esempio, i sistemi stradali presenti ovunque sono visti come un ecosistema tecnologico che non solo modifica il modo in cui gli esseri umani viaggiano, ma modifica anche i limiti operativi dell'ecologia.
Le future strategie di ripristino ecologico dovranno distinguere chiaramente la funzionalità dei sistemi naturali e culturali, poiché differiscono fondamentalmente nei loro input e output di energia e materiali.
Poiché il confine tra ecosistemi tecnologici ed ecosistemi naturali diventa sempre più sfumato, non possiamo fare a meno di chiederci: in un'era ecologica così dominata dall'uomo, esiste un modo per raggiungere un equilibrio ecologico che consenta uno sviluppo sostenibile?