In astronomia, la luminosità della superficie è un concetto chiave utilizzato per quantificare la luminosità significativa o la densità del flusso luminoso di un oggetto spazialmente esteso come una galassia, una nebulosa o uno sfondo celeste. La misurazione di questo valore comporta solitamente una complessa serie di calcoli, poiché non è solo questione della densità fotometrica interna della stella, ma anche delle condizioni di osservazione e della distanza tra l'oggetto e l'osservatore. Questo articolo esplora come calcolare la luminosità superficiale delle galassie e rivela la misteriosa formula dietro il processo.
La luminosità totale di una galassia è una delle misure della sua luminosità. Di solito questo numero si ottiene sommando le luminosità all'interno della regione dell'oggetto. La fotometria può essere misurata utilizzando un fotometro. In pratica è frequente utilizzare aperture o fenditure di diverse dimensioni e poi sottrarre la luce di fondo dalla misurazione per ottenere la luminosità totale dell'oggetto.
La luminosità visiva della galassia visualizzata è strettamente correlata alle condizioni di osservazione Pertanto, anche se la sorgente luminosa ha la stessa quantità totale di luce, le sue dimensioni possono influire sulla sua osservabilità.
La luminosità superficiale di una galassia viene solitamente riportata come una scala di luminosità espressa in secondi d'arco quadrati. In questo calcolo, poiché il livello di luminosità è logaritmico, non è possibile dividere semplicemente la luminosità per l'area. Per una galassia con luminosità totale m e che occupa A secondi d'arco quadrati, la sua luminosità superficiale S può essere ottenuta dalla seguente relazione:
S = m + 2,5 × log10(A)
Qui, S rappresenta la luminosità della superficie, m è la luminosità complessiva o integrata e A è l'area occupata. Ciò significa che man mano che l'osservatore si allontana dalla galassia, sebbene la sua superficie appaia più debole, i cambiamenti nell'area dello schermo visivo si annullano a vicenda, quindi la luminosità superficiale della galassia rimane la stessa.
Le unità di luminosità superficiale non si limitano alle modalità di misurazione comuni in astronomia, ma possono anche essere convertite in unità fisiche (come la luminosità solare per parsec quadrato). Questa formula di conversione consente confronti tra diversi sistemi di osservazione, aiutando ulteriormente gli astronomi a valutare la reale luminosità delle galassie.
La luminosità della superficie rimane costante durante le diverse osservazioni astronomiche, il che ci consente anche di stimare la distanza spaziale di un bersaglio attraverso il concetto di distanza fotometrica.
Ad esempio, un vero cielo scuro ha una superficie di circa 2×10−4 cd m−2 o 21,8 mag arcsec−2 luminosità. Il picco di luminosità superficiale della regione centrale della Nebulosa di Orione è di circa 17 Mag/arcsec2, mentre il suo alone blu esterno raggiunge circa 21,3 Mag/arcsec2.
Padroneggiare la tecnica di calcolo della luminosità superficiale delle galassie non è solo una parte importante della ricerca astronomica, ma ha anche un grande significato per la nostra comprensione approfondita della struttura dell'universo. Ti sei mai chiesto in che modo la visibilità delle galassie nelle osservazioni future potrebbe influenzare la nostra comprensione dell'universo?