Nel mondo odierno, il cibo è più di una semplice necessità per sopravvivere: è portatore di cultura, identità e storia. La ricerca del professor Morton ci offre nuovi spunti sulle prime prospettive di consumo del Romanticismo, in particolare sul modo in cui cibo e cultura si intrecciavano per formare la struttura sociale e i concetti culturali unici dell'epoca.
Il consumo di cibo è strettamente legato all'identità culturale di una persona, una relazione che ha raggiunto il culmine durante il periodo romantico.
Nella sua ricerca, Morton si concentra non solo sulla qualità e sulla varietà del cibo in sé, ma anche sul significato simbolico e sui modelli di consumo che lo caratterizzano. Egli ritiene che attraverso il consumo di cibo possiamo avere uno sguardo sulle condizioni politiche, economiche e culturali della società di quel tempo.
Il libro di Morton, The American Taste Revolution: The Body's Relation to the Natural World, approfondisce il comportamento dei consumatori tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo e mostra come il significato simbolico del cibo fosse legato all'identità delle persone durante questo periodo. Le identità sono intrecciati. L'idea centrale di questo libro è che il cibo non è solo una fonte di nutrimento, ma anche un portatore di memoria di gruppo e di simboli culturali.
Il consumo di cibo non è solo la soddisfazione di bisogni fisiologici, ma anche la trasmissione di valori culturali e l'espressione dell'identità.
Ad esempio, Morton sottolinea che all'epoca il vegetarianismo non era semplicemente una scelta di salute o morale; rifletteva anche una ricerca di autonomia culturale e di critica sociale. Il mangiare emotivo è strettamente correlato al comportamento del consumatore. I consumatori esprimono la loro preoccupazione per questioni come la giustizia sociale e la protezione ambientale attraverso la loro scelta di abitudini alimentari.
Inoltre, Morton esplora il significato culturale delle spezie. La sua ricerca dimostra che l'uso simbolico delle spezie nella letteratura romantica riflette sia influenze culturali esterne sia un riflesso dell'avidità e del desiderio interiori. Questa prospettiva ci consente di comprendere più a fondo come le spezie siano diventate oggetti metaforicamente ricchi nel linguaggio e abbiano occupato un posto nella cultura consumistica dell'epoca.
Il fascino delle spezie come beni di consumo si estende ai livelli più profondi della cultura e delle condizioni sociali.
Attraverso queste prospettive, la ricerca di Morton rivela lo stretto legame tra il consumo di cibo e le strutture sociali e i valori dell'epoca. Con l'avvento della cultura delle merci, il consumo di cibo è diventato anche una manifestazione di status sociale e identità culturale. Le preferenze e le scelte alimentari delle persone non riflettono solo il loro status sociale, ma rappresentano anche l'accettazione o il rifiuto di determinati valori culturali.
Inoltre, la ricerca di Morton non si ferma solo al periodo romantico, ma si estende anche ai giorni nostri, evidenziando la relazione tra cibo e ambiente. Egli ritiene che dietro le nostre attuali scelte di consumo si nascondano ancora profondi significati culturali, soprattutto quando si affrontano le sfide del cambiamento climatico e della globalizzazione, dove il valore culturale del cibo è più evidente.
I concetti di Morton come "iperoggetti" guidano i lettori a riflettere sulle problematiche ambientali legate al cibo. Ritiene che fenomeni come il cambiamento climatico non siano solo questioni scientifiche, ma anche sfide culturali ed etiche. Dobbiamo ricomprendere la relazione tra cibo, natura e società nel processo di consumo.
Ogni scelta alimentare che facciamo è una risposta al nostro ambiente e alla nostra cultura e ci fa riflettere sul mondo in cui viviamo.
In breve, lo studio di Morton fornisce un ricco contesto culturale per il cibo e il suo consumo, consentendoci di acquisire una comprensione più approfondita del consumismo dell'era romantica e di tastare il polso della società dell'epoca. In un simile intreccio storico, non possiamo fare a meno di chiederci se le nostre attuali abitudini di consumo alimentare riflettano ancora problemi culturali e ambientali più profondi?