La morte è sempre stata una delle fonti di ansia più profonde per gli esseri umani. Indipendentemente dalla cultura o dal contesto sociale, la paura della morte è quasi inevitabile. La teoria della gestione del terrore (TMT) in psicologia fornisce un quadro per comprendere questo fenomeno. Questa teoria, proposta per la prima volta dagli psicologi Jeff Greenberg, Sheldon Solomon e Tom Pieszczynski, rivela in modo approfondito il modo in cui la cognizione della morte influisce sul comportamento e sulla cultura umana.
La teoria della gestione del terrore sostiene che la percezione della morte da parte di un individuo innesca un conflitto psicologico di base, ovvero il conflitto tra l'istinto di autoconservazione e l'inevitabilità della morte.
Quando gli esseri umani si rendono conto dell'inevitabilità della morte, sviluppano un incontrollabile senso di paura. Questa paura spinge le persone a cercare nella cultura e nella fede un modo per contrastare questo senso di fragilità esistenziale. Che si tratti del concetto di aldilà trasmesso dalle credenze religiose o dei valori veicolati dall'identità nazionale e dalla continuazione della prole, questi sono diventati strumenti importanti per gli esseri umani per placare la loro ansia per la morte.
L'autostima è il fulcro della gestione della paura e l'autostima di un individuo è strettamente correlata all'identità culturale.
In termini di autostima, molte persone usano la cultura per costruire la propria identità e autostima, il che rappresenta una strategia per affrontare l'ansia della morte. Attraverso la partecipazione a specifici rituali culturali, la ricerca del riconoscimento sociale e persino l'eroismo nella vita quotidiana, si rafforza il senso di autostima, che aiuta ad alleviare la paura della morte.
Il libro The Denial of Death dell'antropologo culturale Ernest Becker sottolinea l'importanza e il valore della cultura nell'aldilà. Beck ritiene che la maggior parte del comportamento umano sia finalizzato a sfuggire alla realtà della morte e che questa fuga implichi la creazione di simboli culturali, l'istituzione di sistemi di credenze e la definizione di norme morali.
Gli esseri umani hanno cercato di mascherare la loro paura della morte creando nazioni, religioni e strutture culturali per orchestrare il significato della vita.
Da una prospettiva evolutiva, la teoria della gestione del terrore postula che la paura della morte non è un tratto adattivo, ma piuttosto un sottoprodotto dell'intelligenza umana. Con il conflitto degli istinti di sopravvivenza a breve termine, la percezione della morte ha dato origine a credenze culturali, che non solo aiutano la sopravvivenza degli individui, ma rafforzano anche le regole del gioco e i concetti morali dell'intera società.
Così come camminare in posizione eretta presenta sia vantaggi che svantaggi, l'ansia della morte è vista come un risultato inevitabile della saggezza e della consapevolezza. Quando emerge questa consapevolezza, l'istituzione della cultura diventa una risposta naturale a questa ansia.
La società consente agli individui di trovare significato e valore in essa attraverso simboli culturali, leggi e morale.
Il legame tra autostima e morte è che il livello di autovalutazione influenzerà direttamente la risposta dell'individuo alla morte. Quando si trovano di fronte a ricordi legati alla morte, le persone con una maggiore autostima tendono ad avere un atteggiamento più positivo nei confronti della vita, mentre le persone con una minore autostima tendono a fuggire ulteriormente dalla realtà, spinte dal panico.
Gli studi hanno dimostrato che il livello di autostima influenza la scelta di un comportamento sano da parte di un individuo. Le persone che si preoccupano della propria immagine e ignorano i problemi di salute spesso mettono in atto comportamenti fisicamente rischiosi. Inoltre, c'è un'influenza bidirezionale tra autostima e salute. Comportamenti come il fumo e l'eccessiva esposizione al sole possono essere ulteriormente aggravati da un'elevata autostima.
Quando ci si trova ad affrontare l'ansia della morte, una maggiore autostima può fungere da meccanismo di difesa psicologica per aiutare le persone a fronteggiare le proprie paure.
Ciò significa che quando le persone affrontano la minaccia della morte, tendono ad alleviare l'ansia migliorando la propria autostima. Tuttavia, questo meccanismo di difesa può talvolta portare a un eccesso di sicurezza, che può rendere le persone insensibili ai rischi per la salute. In effetti, i comportamenti che promuovono la salute e le cognizioni sulla morte possono non solo coesistere, ma anche influenzarsi a vicenda, complicando ulteriormente i modelli comportamentali delle persone.
Attraverso l'interazione tra autostima e contesto culturale, possiamo comprendere meglio perché gli esseri umani scelgono di fuggire o di diventare insensibili quando si trovano di fronte alla morte. Da una prospettiva più macro, questa ansia fa parte dell'esistenza umana. Guida lo sviluppo culturale e, in una certa misura, assicura la stabilità sociale.
In questo contesto, l'inevitabilità della morte ci obbliga a ripensare il significato e il valore della vita?