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Featured researches published by Anna Leonardi.


Radiologia Medica | 2007

Follow-up of collagen meniscus implants by MRI.

Eugenio Annibale Genovese; Maria Gloria Angeretti; Mario Ronga; Anna Leonardi; Raffaele Novario; L. Callegari; Carlo Fugazzola

PurposeThe purpose of our study was to evaluate the usefulness of magnetic resonance imaging (MRI) in the follow-up of patients treated with collagen meniscus implant (CMI) and to identify MRI patterns suitable for defining its evolution.Materials and methodsBetween March 2001 and June 2003, CMI was performed on 40 patients (27 men and 13 women, age 23–58 years, median 41 years) affected by irreparable medial meniscal lesions. All patients underwent MRI follow-up at 6 months and 1 year and 16 patients 2 years after the operation; 12 patients underwent second-look arthroscopy with implant biopsy. All MRI examinations were performed with a 1.5-T unit using GE T2*, spin-echo (SE) T1, and FatSat fast spin-echo (FSE) DP and T2-weighted sequences, with different orientations. At 24 months, MR arthrography was also performed. Implant evolution was assessed on the basis of MRI direct and indirect criteria. Direct criteria were morphology and signal intensity of the collagen meniscus/residual meniscus complex. Based on these characteristics, three pattern were identified and classified from 1 to 3, where a higher score corresponded to characteristics approaching those of the normal meniscus. Indirect criteria were chondral surface and subchondral bone marrow oedema at implant site and associated synovial pathology.ResultsMRI follow-up at 6 months showed CMI shape and size to be normal (type 3) in 35/40 patients and type 2 in 5/40 patients. CMI signal intensity was type 1 in 32/40 patients and type 2 in 8/40. An interface between prosthetic and native meniscus was identified in 27/40 patients. Chondral lesions were present in 3/40 cases and subchondral bone marrow oedema in 8/40 cases. Reactive synovial effusion was seen in 2/40 patients. MRI follow-up at 12 months showed CMI shape and size to be normal (type 3) in 33/40 patients and type 2 in 7/40. Signal intensity was type 1 in 14/40 patients and type 2 in 26/40 patients. The interface was seen in 19/40 patients. The associated chondral lesions were unchanged, whereas subchondral bone marrow oedema was present in 3/40 patients. No synovial reaction was detected. At 24 months, CMI size was type 3 in 9/16 patients, type 2 in 6/16, and type 1 in one patient in whom the implant could not be identified, as it had been totally resorbed. CMI signal intensity was type 2 in 11/15 and type 3 in 4/16. The interface was identified in seven patients. MR arthrography depicted two additional chondral lesions and enabled correct grading of all lesions. Subchondral bone marrow oedema was present in two patients only.ConclusionsMRI enables morphological and structural changes of CMI to be monitored over time. Follow-up can be extended beyond 2 years, until the CMI has stabilised and subchondral bone marrow oedema has completely resolved. In the single case with a poor CMI outcome, no related direct or indirect signs were identified.RiassuntoObiettivoScopo del nostro lavoro è valutare l’utilità della RM nel follow-up di pazienti sottoposti ad impianto di menisco collagenico bovino (CMI) e individuare patterns RM idonei a definirne l’evoluzione.Materiali e metodiQuaranta pazienti, 27 maschi e 13 femmine (di età compresa tra 23 e 58 anni, età mediana: 41 anni), sottoposti a impianto di menisco protesico mediale per via artroscopica, hanno eseguito follow-up con RM a 6 mesi e a 1 anno e solo 16 pazienti a 2 anni dall’intervento; in 12 casi è stato eseguito second look artroscopico con prelievo bioptico dell’impianto. Le indagini RM sono state eseguite con tomografo da 1,5 T, il protocollo di studio prevedeva sequenze Ge T2*, SE T1 e FSE FATSAT DP/T2 variamente orientate in tutti i controlli, a 24 mesi si eseguiva anche esame artro-RM. Per la valutazione dell’evoluzione dell’impianto all’indagine RM sono stati considerati criteri diretti: le dimensioni e l’intensità di segnale del complesso menisco collagenico-menisco residuo (in base a queste caratteristiche abbiamo individuato tre tipi di patterns che abbiamo classificato da 1 a 3, con valore tanto più alto quanto più queste si avvicinano alle caratteristiche del menisco normale) e criteri indiretti: superfici condrali e spongiosa ossea sottocondrale in sede di impianto e patologia sinoviale associata.RisultatiNel controllo RM a 6 mesi in 35/40 pazienti le dimensioni del CMI erano di tipo 3, in 5/40 di tipo 2. L’intensità di segnale del CMI era di tipo 1 in 32/40 pazienti, di tipo 2 in 8/40. L’interfaccia menisco protesico-menisco nativo era identificabile in 27/40 pazienti. In 3/40 casi è stata evidenziata patologia condrale e in 8/40 casi sofferenza dell’osso subcondrale. In 2/40 pazienti vi era versamento reattivo sinoviale. Nel controllo a 12 mesi la morfologia e le dimensioni dell’impianto erano normali (tipo 3) in 33/40 pazienti, mentre erano di tipo 2 in 7/40. L’intensità di segnale del complesso era di tipo 1 in 14/40 pazienti, di tipo 2 in 26/40 pazienti. L’interfaccia era presente 19/40 pazienti. Le lesioni condrali associate mantenevano aspetto invariato, mentre la sofferenza della spongiosa ossea subcondrale era presente solo in 3/40 pazienti. Non vi era alcuna reazione sinoviale. Nel controllo a 24 mesi in 9/16 pazienti le dimensioni del CMI erano di tipo 3, in 6/16 di tipo 2; in 1 pazienti l’impianto non risultava identificabile, totalmente riassorbito (tipo 1). In 11/15 pazienti l’intensità di segnale del CMI era di tipo 2, mentre in 4/15 era sovrapponibile al menisco normale, di tipo 3. In 7 pazienti l’interfaccia risultava riconoscibile. Con artro-RM è stato possibile rilevare 2 nuovi casi di patologia condrale e definire il corretto grading di tutte le lesioni; solo in 2 pazienti vi era sofferenza della spongiosa ossea subcondrale.ConclusioniLa RM consente di monitorare nel tempo le variazioni morfologiche e strutturali del CMI, riteniamo che il follow-up possa essere prolungato altre i 2 anni, fino alla “stabilizzazione” del CMI e alla completa risoluzione delle aree di edema della spongiosa ossea subcondrale. Nell’unico caso di evoluzione sfavorevole del CMI non si sono individuati segni diretti o indiretti correlabili.


Radiologia Medica | 2010

Comparative study of jaws with multislice computed tomography and cone-beam computed tomography

Gianpaolo Carrafiello; Massimiliano Dizonno; Vittoria Colli; Sabina Strocchi; A. Pozzi Taubert; Anna Leonardi; Andrea Giorgianni; Maria Barresi; Aldo Macchi; Elena Bracchi; Leopoldo Conte; Carlo Fugazzola

PurposeThe aim of this study was to compare the dosimetric and diagnostic performance of multislice computed tomography (MSCT) and cone-beam computed tomography (CBCT) in the study of the dental arches.Materials and methodsEffective dose and dose to the main organs of the head and neck were evaluated by means of thermoluminescent dosimeters (TLDs) placed in an Alderson Rando anthropomorphic phantom and using a standard CBCT protocol and an optimised MSCT protocol. Five patients with occlusal plane ranging from 54 cm to 59 cm who needed close follow-up (range 1–3 months) underwent both examinations. Image quality obtained with CBCT and MSCT was evaluated.ResultsEffective dose and dose to the main organs of the head and neck were higher for MSCT than for CBCT. Image quality of CBCT was judged to be equivalent to that of MSCT for visualising teeth and bone but inferior for visualising soft tissues. Beam-hardening artefacts due to dental-care material and implants were weaker at CBCT than at MSCT.ConclusionsWhen panoramic radiography is not sufficient in the study of the teeth and jaw bones, CBCT can provide identical information to MSCT, with a considerable dose reduction. MSCT is, however, indicated when evaluation of soft tissue is required.RiassuntoObiettivoScopo di questo lavoro è confrontare le performances dosimetriche e diagnostiche di tomografia computerizzata multidetettore (TCMD) e tomografia computerizzata a fascio conico (TCFC) nello studio delle arcate dentarie.Materiali e metodiSi è provveduto alla misurazione della dose alle strutture di capo e collo e della dose efficace con dosimetri a termoluminescenza (TLD) posti in un fantoccio antropomorfo Alderson Rando utilizzando un protocollo TCFC ed uno TCMD ottimizzato. Sono stati esaminati 5 pazienti, con circonferenza al piano occlusale entro un range prestabilito (54–59 cm) e che avevano necessità di effettuare controlli ravvicinati nel tempo (range 1-3 mesi), con entrambi i sistemi TC ed è stata valutata la qualità delle immagini ottenute.RisultatiLa dose efficace agli organi è superiore per la TCMD rispetto alla TCFC. La qualità delle immagini della TCFC è stata giudicata sovrapponibile alla TCMD nello studio dei denti e dell’osso, inferiore nella valutazione dei tessuti molli. Artefatti da indurimento del fascio dovuti alla presenza di materiale medicamentoso e protesico incidono negativamente sulla qualità dell’immagine maggiormente nel caso della TCMD rispetto alla TCFC.ConclusioniLo studio delle strutture ossee può essere effettuato, se la radiografia ortopanoramica non è sufficiente, mediante TCFC, che fornisce informazioni sovrapponibili a quelle della TCMD con notevole risparmio di dose; la TCMD è indicata qualora sia necessario valutare anche i tessuti molli.


Radiologia Medica | 2011

Comparison between MRI with spin-echo echo-planar diffusion-weighted sequence (DWI) and histology in the diagnosis of soft-tissue tumours

Eugenio Annibale Genovese; A. Canì; S. Rizzo; Maria Gloria Angeretti; Anna Leonardi; C. Fugazzola

PurposeOur aim was to assess the usefulness of magnetic resonance imaging (MRI) with spin-echo echo-planar diffusion-weighted sequences (SE-EPI-DWI) in the study of primary and secondary soft-tissue tumours by correlating the results of imaging and histology.Material and methodsWe retrospectively studied 23 patients (14 men, 9 women; age range 25–87 years) affected by soft-tissue lesions. The MRI study was performed with baseline and contrast-enhanced SE-T1, proton density/T2-weighted (PD/T2), fat-saturated (FATSAT) DP/T2 and single-shot SE-EPI-DWI (b value 50-400- 800s/mm2) sequences.ResultsWe identified 7/23 benign lesions (three myxoid, four nonmyxoid) and 16/23 malignant tumours (four myxoid, 12 nonmyxoid) with a mean diameter between 21 mm and 20 cm. Qualitative analysis of DWI showed persistence of high signal intensity for increasing b-values in all malignant tumours. Quantitative DWI analysis of the apparent diffusion coefficient (ADC) maps showed a statistical difference between benign and malignant lesions.ConclusionsIn our experience, DWI with qualitative and quantitative analysis correlated well with histology.RiassuntoObiettivoScopo del nostro lavoro è stato valutare il ruolo della risonanza magnetica (RM) con sequenze spin echo (SE)-echo planar imaging (EPI)-diffusion-weighted imaging (DWI) nella caratterizzazione dei tumori primitivi e secondari dei tessuti molli, correlando i dati dell’imaging con i riscontri anatomopatologici.Materiali e metodiSono stati valutati retrospettivamente 23 pazienti (14 maschi, 9 femmine, età 25–87 anni) con neoformazione dei tessuti molli. Lo studio è stato eseguito mediante sequenze SE T1 prima e dopo somministrazione di mezzo di contrasto (MdC), DP/T2 con e senza saturazione del grasso (FAT SAT) e Single-Shot SE-EPI-DWI (b value: 50-400-800 s/mm2).RisultatiAbbiamo riscontrato 7/23 lesioni benigne (3 a matrice mixoide, 4 non mixoide) e 16/23 maligne (4 a matrice mixoide, 12 non mixoide), con diametro compreso tra 21 mm e 20 cm. L’analisi qualitativa della DWI ha dimostrato persistenza dell’iperintensità di segnale al crescere dei tre b value in tutte le lesioni maligne. L’analisi quantitativa della mappa del coefficiente apparente di diffusione (ADC) ha evidenziato una differenza statisticamente significativa dei valori di ADC tra lesioni benigne e maligne.ConclusioniNella nostra esperienza l’imaging DWI, attraverso la valutazione qualitativa del segnale e l’analisi quantitativa, ha mostrato buona correlazione con i rilievi istologici.


Radiologia Medica | 2013

MR-arthrography in superior instability of the shoulder: correlation with arthroscopy

Eugenio Annibale Genovese; Emanuela Spanò; Alessandro Castagna; Anna Leonardi; Maria Gloria Angeretti; Leonardo Callegari; Carlo Fugazzola

PurposeThis study was undertaken to evaluate magnetic resonance (MR) arthrography in the detection and classification of lesions that may cause superior instability.Materials and methodsForty-two consecutive patients with clinical signs of chronic superior instability of the shoulder underwent MR arthrography followed by arthroscopic surgery. For each patient we retrospectively reviewed the MR arthrography and surgical findings.ResultsWe detected 31 superior labral anterior posterior (SLAP) lesions, all confirmed on arthroscopy with three cases of underestimation: in the detection of SLAP lesions, the sensitivity, specificity, accuracy, positive predictive value (PPV) and negative predictive value (NPV) of MR arthrography were 100%; in the evaluation of the type of SLAP lesion, sensitivity was 100%, specificity was 78.5%, accuracy was 92.8%, PPV was 71.7% and NPV was 100%. All cases of capsular laxity (13/42) and biceps tendon lesions (3/42) were confirmed on arthroscopy with sensitivity, specificity, accuracy, PPV and NPV of 100%. Eleven cuff lesions were detected on MR arthrography, 10 of which confirmed at arthroscopy: sensitivity was 100%, specificity was 96.8%, accuracy was 97.6%, PPV was 90.9% and NPV was 100%. Associated lesions were found in 38/42 patients.ConclusionsSuperior instability is frequently associated with different anatomical variants or pathological conditions, such as SLAP lesions. The role of MR arthrography is to describe the key features of lesions affecting the superior portion of the shoulder, including location, morphology, extent, and associated injuries and leanatomical variants and to correlate these features with clinical symptoms.RiassuntoObiettivoScopo del presente lavoro è stato valutare il ruolo dell’artro-risonanza magnetica (RM) nell’identificazione e nella classificazione delle lesioni che possono essere alla base dell’instabilità superiore di spalla.Materiali e metodiQuarantadue pazienti consecutivi con segni clinici di instabilità superiore cronica di spalla sono stati sottoposti ad artro-RM e successiva artroscopia chirurgica. Per ogni paziente abbiamo retrospettivamente considerato i reperti artro-RM e i reperti artroscopici.RisultatiAbbiamo riscontrato 31 lesioni del labbro glenoideo superiore da anteriore a posteriore (SLAP lesions), tutte confermate all’esame artroscopico con 3 casi di sottostima del grado di lesione: nella individuazione delle SLAP lesions la sensibilità, specificità, accuratezza, valore predittivo positivo (VPP) e valore predittivo negativo (VPN) dell’artro-RM sono risultati del 100%; nella valutazione del tipo di SLAP lesion la sensibilità è stata del 100%, la specificità del 78,5%, l’accuratezza del 92,8%, il VPP del 71,7% e il VPN del 100%. Tutti i casi di lassità capsulo-legamentosa (13/42) e di lesione del tendine del capo lungo del bicipite (3/42) sono stati confermati all’artroscopia con sensibilità, specificità, accuratezza, VPP e VPN del 100%. Delle 11 lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori diagnosticate con artro-RM, 10 sono state confermate artroscopicamente con sensibilità del 100%, specificità del 96,8%, accuratezza del 97,6%, VPP del 90,9% e VPN del 100%. Lesioni associate sono state diagnosticate in 38/42 pazienti.ConclusioniL’instabilità superiore di spalla è frequentemente associata a condizioni patologiche, come le SLAP lesions o a varianti anatomiche. Il ruolo dell’artro-RM è quello di valutare le caratteristiche delle lesioni della porzione sovraequatoriale della spalla, descrivendone la sede, la morfologia e l’estensione e di identificare e descrivere la presenza di lesioni e varianti anatomiche associate.


Radiologia Medica | 2007

Contrast enhanced ultrasound with second generation contrast agent for the follow-up of lower-extremity muscle-strain-repairing processes in professional athletes

Eugenio Annibale Genovese; L. Callegari; F. Combi; Anna Leonardi; Maria Gloria Angeretti; F. Benazzo; F. D’Angelo; C. Fugazzola

PurposeIn literature, ultrasonographic potentials in traumatic muscle lesions have been codified, whereas the data about this method utility in follow-up are dissonant. The purpose of this work is to evaluate a second-generation ultrasound (US) contrast agent rule for the professional athletes’ distractive lesions.Materials and methodsTwenty professional athletes (18 men and two women, aged between 18 and 34 years) affected by different muscle lesions were examined. All the patients were evaluated within 48 h of the trauma by US device Esaote Technos MPX with a high-frequency linear probe. The examinations were carried out with and without contrast agent after 20, 40 and 60 days after the trauma; second-generation contrast agent was used (SonoVue).ResultsIn all athletes (nine first-grade lesions, 11 second-grade lesions), by using contrast agent intravenous injection done after 20 days, the appearance of contrast spots affecting part or all the lesioned area were observed. During the follow-up, after 40 days. the contrast spots widened to include the entire scar area, with haemorrhagic residual in three cases. After 60 days, in no case was a liquid haemorrhagic collection still present, and we found an important reduction of extension of vascular spots and US intensity and their total disappearance in seven cases.ConclusionsUS with a second-generation contrast agent, thanks to the neoangiogenesis identification, allows recognition, individuation and monitoring the repair processes in the muscle lesion and allows estimation of when athletes can return to competitive activity. This fact obviously reduces both relapses and complications.RiassuntoObiettivoSono descritte in letteratura le potenzialità dell’ecografia nella diagnosi delle lesioni muscolari traumatiche, mentre non sono concordi i dati sulla utilità di questa metodica nel follow-up. Scopo del presente lavoro è di considerare il ruolo dell’ecografia con mezzo di contrasto (MdC) ecografico di II generazione nella evoluzione delle lesioni distrattive in atleti professionisti.Materiali e metodiSono stati esaminati 20 atleti professionisti (18 maschi e 2 femmine di età compresa tra 18 e 34 anni) con lesioni muscolari indirette variamente distribuite. Tutti i pazienti sono stati valutati entro 48 ore dal trauma mediante apparecchiatura Esaote Technos MPX con sonda lineare ad alta frequenza. Le indagini sono state condotte senza e con MdC a 20, 40 e 60 giorni dal trauma ed in tutti casi è stato utilizzato MdC di seconda generazione (SonoVue).RisultatiIn tutti gli atleti (9 con lesioni primo grado; 11 di secondo grado), dopo iniezione endovenosa di MdC si è osservata a 20 giorni la comparsa di spots di contrasto che interessavano tutta o parte dell’area lesionata; in 8 lesioni di secondo grado permaneva una zona centrale emorragica. Nel controllo a 40 giorni si è apprezzata estensione degli spots di contrasto a tutta l’area cicatriziale, con residuo emorragico in 3 casi. A 60 giorni in nessun caso residuava raccolta liquida emorragica con notevole riduzione dell’estensione e dell’intensità ultrasonografica degli spots vascolari fino alla completa scomparsa in 7 casi.ConclusioniL’ecografia con MdC ecografico di II generazione, attraverso l’identificazione dei vasi neoformati consente di riconoscere, individuare e monitorare i processi riparativi in sede di lesione muscolare e quindi di stabilire i tempi di ripresa dell’attività agonistica dell’atleta con ovvia riduzione delle recidive e delle complicanze.


Journal of Radiology Case Reports | 2017

Duplex collecting system in a pelvic kidney - An unusual combination

Francesca Giorlando; Chiara Recaldini; Anna Leonardi; Edoardo Macchi; Carlo Fugazzola

Pelvic kidney is a relatively common renal malformation as well as duplex kidney; however, the unilateral coexistence of these abnormalities is not frequently found. We present a case of a young woman with a history of hypertension in whom a pelvic and dysmorphic left kidney was discovered during ultrasound examination performed for the study of the renal arteries. Magnetic resonance imaging and computed tomography imaging revealed a duplex pelvic kidney. This combination is very rare; we have not found a similar case reported in the literature.


Radiologia Medica | 2013

Artro-RM di spalla nella instabilità superiore: correlazione con artroscopia

Eugenio Annibale Genovese; Emanuela Spanò; Alessandro Castagna; Anna Leonardi; Maria Gloria Angeretti; Leonardo Callegari; Carlo Fugazzola

PurposeThis study was undertaken to evaluate magnetic resonance (MR) arthrography in the detection and classification of lesions that may cause superior instability.Materials and methodsForty-two consecutive patients with clinical signs of chronic superior instability of the shoulder underwent MR arthrography followed by arthroscopic surgery. For each patient we retrospectively reviewed the MR arthrography and surgical findings.ResultsWe detected 31 superior labral anterior posterior (SLAP) lesions, all confirmed on arthroscopy with three cases of underestimation: in the detection of SLAP lesions, the sensitivity, specificity, accuracy, positive predictive value (PPV) and negative predictive value (NPV) of MR arthrography were 100%; in the evaluation of the type of SLAP lesion, sensitivity was 100%, specificity was 78.5%, accuracy was 92.8%, PPV was 71.7% and NPV was 100%. All cases of capsular laxity (13/42) and biceps tendon lesions (3/42) were confirmed on arthroscopy with sensitivity, specificity, accuracy, PPV and NPV of 100%. Eleven cuff lesions were detected on MR arthrography, 10 of which confirmed at arthroscopy: sensitivity was 100%, specificity was 96.8%, accuracy was 97.6%, PPV was 90.9% and NPV was 100%. Associated lesions were found in 38/42 patients.ConclusionsSuperior instability is frequently associated with different anatomical variants or pathological conditions, such as SLAP lesions. The role of MR arthrography is to describe the key features of lesions affecting the superior portion of the shoulder, including location, morphology, extent, and associated injuries and leanatomical variants and to correlate these features with clinical symptoms.RiassuntoObiettivoScopo del presente lavoro è stato valutare il ruolo dell’artro-risonanza magnetica (RM) nell’identificazione e nella classificazione delle lesioni che possono essere alla base dell’instabilità superiore di spalla.Materiali e metodiQuarantadue pazienti consecutivi con segni clinici di instabilità superiore cronica di spalla sono stati sottoposti ad artro-RM e successiva artroscopia chirurgica. Per ogni paziente abbiamo retrospettivamente considerato i reperti artro-RM e i reperti artroscopici.RisultatiAbbiamo riscontrato 31 lesioni del labbro glenoideo superiore da anteriore a posteriore (SLAP lesions), tutte confermate all’esame artroscopico con 3 casi di sottostima del grado di lesione: nella individuazione delle SLAP lesions la sensibilità, specificità, accuratezza, valore predittivo positivo (VPP) e valore predittivo negativo (VPN) dell’artro-RM sono risultati del 100%; nella valutazione del tipo di SLAP lesion la sensibilità è stata del 100%, la specificità del 78,5%, l’accuratezza del 92,8%, il VPP del 71,7% e il VPN del 100%. Tutti i casi di lassità capsulo-legamentosa (13/42) e di lesione del tendine del capo lungo del bicipite (3/42) sono stati confermati all’artroscopia con sensibilità, specificità, accuratezza, VPP e VPN del 100%. Delle 11 lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori diagnosticate con artro-RM, 10 sono state confermate artroscopicamente con sensibilità del 100%, specificità del 96,8%, accuratezza del 97,6%, VPP del 90,9% e VPN del 100%. Lesioni associate sono state diagnosticate in 38/42 pazienti.ConclusioniL’instabilità superiore di spalla è frequentemente associata a condizioni patologiche, come le SLAP lesions o a varianti anatomiche. Il ruolo dell’artro-RM è quello di valutare le caratteristiche delle lesioni della porzione sovraequatoriale della spalla, descrivendone la sede, la morfologia e l’estensione e di identificare e descrivere la presenza di lesioni e varianti anatomiche associate.


Radiologia Medica | 2013

MR-arthrography in superior instability of the shoulder: correlation with arthroscopy@@@Artro-RM di spalla nella instabilità superiore: correlazione con artroscopia

Eugenio Annibale Genovese; Emanuela Spanò; Alessandro Castagna; Anna Leonardi; Maria Gloria Angeretti; Leonardo Callegari; Carlo Fugazzola

PurposeThis study was undertaken to evaluate magnetic resonance (MR) arthrography in the detection and classification of lesions that may cause superior instability.Materials and methodsForty-two consecutive patients with clinical signs of chronic superior instability of the shoulder underwent MR arthrography followed by arthroscopic surgery. For each patient we retrospectively reviewed the MR arthrography and surgical findings.ResultsWe detected 31 superior labral anterior posterior (SLAP) lesions, all confirmed on arthroscopy with three cases of underestimation: in the detection of SLAP lesions, the sensitivity, specificity, accuracy, positive predictive value (PPV) and negative predictive value (NPV) of MR arthrography were 100%; in the evaluation of the type of SLAP lesion, sensitivity was 100%, specificity was 78.5%, accuracy was 92.8%, PPV was 71.7% and NPV was 100%. All cases of capsular laxity (13/42) and biceps tendon lesions (3/42) were confirmed on arthroscopy with sensitivity, specificity, accuracy, PPV and NPV of 100%. Eleven cuff lesions were detected on MR arthrography, 10 of which confirmed at arthroscopy: sensitivity was 100%, specificity was 96.8%, accuracy was 97.6%, PPV was 90.9% and NPV was 100%. Associated lesions were found in 38/42 patients.ConclusionsSuperior instability is frequently associated with different anatomical variants or pathological conditions, such as SLAP lesions. The role of MR arthrography is to describe the key features of lesions affecting the superior portion of the shoulder, including location, morphology, extent, and associated injuries and leanatomical variants and to correlate these features with clinical symptoms.RiassuntoObiettivoScopo del presente lavoro è stato valutare il ruolo dell’artro-risonanza magnetica (RM) nell’identificazione e nella classificazione delle lesioni che possono essere alla base dell’instabilità superiore di spalla.Materiali e metodiQuarantadue pazienti consecutivi con segni clinici di instabilità superiore cronica di spalla sono stati sottoposti ad artro-RM e successiva artroscopia chirurgica. Per ogni paziente abbiamo retrospettivamente considerato i reperti artro-RM e i reperti artroscopici.RisultatiAbbiamo riscontrato 31 lesioni del labbro glenoideo superiore da anteriore a posteriore (SLAP lesions), tutte confermate all’esame artroscopico con 3 casi di sottostima del grado di lesione: nella individuazione delle SLAP lesions la sensibilità, specificità, accuratezza, valore predittivo positivo (VPP) e valore predittivo negativo (VPN) dell’artro-RM sono risultati del 100%; nella valutazione del tipo di SLAP lesion la sensibilità è stata del 100%, la specificità del 78,5%, l’accuratezza del 92,8%, il VPP del 71,7% e il VPN del 100%. Tutti i casi di lassità capsulo-legamentosa (13/42) e di lesione del tendine del capo lungo del bicipite (3/42) sono stati confermati all’artroscopia con sensibilità, specificità, accuratezza, VPP e VPN del 100%. Delle 11 lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori diagnosticate con artro-RM, 10 sono state confermate artroscopicamente con sensibilità del 100%, specificità del 96,8%, accuratezza del 97,6%, VPP del 90,9% e VPN del 100%. Lesioni associate sono state diagnosticate in 38/42 pazienti.ConclusioniL’instabilità superiore di spalla è frequentemente associata a condizioni patologiche, come le SLAP lesions o a varianti anatomiche. Il ruolo dell’artro-RM è quello di valutare le caratteristiche delle lesioni della porzione sovraequatoriale della spalla, descrivendone la sede, la morfologia e l’estensione e di identificare e descrivere la presenza di lesioni e varianti anatomiche associate.


Radiologia Medica | 2011

Confronto tra la risonanza magnetica (RM) con sequenze spin echo planar diffusion (DWI) e istologia nella prima diagnosi dei tumori dei tessuti molli

Eugenio Annibale Genovese; A. Canì; S. Rizzo; Maria Gloria Angeretti; Anna Leonardi; C. Fugazzola

PurposeOur aim was to assess the usefulness of magnetic resonance imaging (MRI) with spin-echo echo-planar diffusion-weighted sequences (SE-EPI-DWI) in the study of primary and secondary soft-tissue tumours by correlating the results of imaging and histology.Material and methodsWe retrospectively studied 23 patients (14 men, 9 women; age range 25–87 years) affected by soft-tissue lesions. The MRI study was performed with baseline and contrast-enhanced SE-T1, proton density/T2-weighted (PD/T2), fat-saturated (FATSAT) DP/T2 and single-shot SE-EPI-DWI (b value 50-400- 800s/mm2) sequences.ResultsWe identified 7/23 benign lesions (three myxoid, four nonmyxoid) and 16/23 malignant tumours (four myxoid, 12 nonmyxoid) with a mean diameter between 21 mm and 20 cm. Qualitative analysis of DWI showed persistence of high signal intensity for increasing b-values in all malignant tumours. Quantitative DWI analysis of the apparent diffusion coefficient (ADC) maps showed a statistical difference between benign and malignant lesions.ConclusionsIn our experience, DWI with qualitative and quantitative analysis correlated well with histology.RiassuntoObiettivoScopo del nostro lavoro è stato valutare il ruolo della risonanza magnetica (RM) con sequenze spin echo (SE)-echo planar imaging (EPI)-diffusion-weighted imaging (DWI) nella caratterizzazione dei tumori primitivi e secondari dei tessuti molli, correlando i dati dell’imaging con i riscontri anatomopatologici.Materiali e metodiSono stati valutati retrospettivamente 23 pazienti (14 maschi, 9 femmine, età 25–87 anni) con neoformazione dei tessuti molli. Lo studio è stato eseguito mediante sequenze SE T1 prima e dopo somministrazione di mezzo di contrasto (MdC), DP/T2 con e senza saturazione del grasso (FAT SAT) e Single-Shot SE-EPI-DWI (b value: 50-400-800 s/mm2).RisultatiAbbiamo riscontrato 7/23 lesioni benigne (3 a matrice mixoide, 4 non mixoide) e 16/23 maligne (4 a matrice mixoide, 12 non mixoide), con diametro compreso tra 21 mm e 20 cm. L’analisi qualitativa della DWI ha dimostrato persistenza dell’iperintensità di segnale al crescere dei tre b value in tutte le lesioni maligne. L’analisi quantitativa della mappa del coefficiente apparente di diffusione (ADC) ha evidenziato una differenza statisticamente significativa dei valori di ADC tra lesioni benigne e maligne.ConclusioniNella nostra esperienza l’imaging DWI, attraverso la valutazione qualitativa del segnale e l’analisi quantitativa, ha mostrato buona correlazione con i rilievi istologici.


Radiologia Medica | 2011

Comparison between MRI with spin-echo echo-planar diffusion-weighted sequence (DWI) and histology in the diagnosis of soft-tissue tumours@@@Confronto tra la risonanza magnetica (RM) con sequenze spin echo planar diffusion (DWI) e istologia nella prima diagnosi dei tumori dei tessuti molli

Eugenio Annibale Genovese; A. Canì; S. Rizzo; Maria Gloria Angeretti; Anna Leonardi; C. Fugazzola

PurposeOur aim was to assess the usefulness of magnetic resonance imaging (MRI) with spin-echo echo-planar diffusion-weighted sequences (SE-EPI-DWI) in the study of primary and secondary soft-tissue tumours by correlating the results of imaging and histology.Material and methodsWe retrospectively studied 23 patients (14 men, 9 women; age range 25–87 years) affected by soft-tissue lesions. The MRI study was performed with baseline and contrast-enhanced SE-T1, proton density/T2-weighted (PD/T2), fat-saturated (FATSAT) DP/T2 and single-shot SE-EPI-DWI (b value 50-400- 800s/mm2) sequences.ResultsWe identified 7/23 benign lesions (three myxoid, four nonmyxoid) and 16/23 malignant tumours (four myxoid, 12 nonmyxoid) with a mean diameter between 21 mm and 20 cm. Qualitative analysis of DWI showed persistence of high signal intensity for increasing b-values in all malignant tumours. Quantitative DWI analysis of the apparent diffusion coefficient (ADC) maps showed a statistical difference between benign and malignant lesions.ConclusionsIn our experience, DWI with qualitative and quantitative analysis correlated well with histology.RiassuntoObiettivoScopo del nostro lavoro è stato valutare il ruolo della risonanza magnetica (RM) con sequenze spin echo (SE)-echo planar imaging (EPI)-diffusion-weighted imaging (DWI) nella caratterizzazione dei tumori primitivi e secondari dei tessuti molli, correlando i dati dell’imaging con i riscontri anatomopatologici.Materiali e metodiSono stati valutati retrospettivamente 23 pazienti (14 maschi, 9 femmine, età 25–87 anni) con neoformazione dei tessuti molli. Lo studio è stato eseguito mediante sequenze SE T1 prima e dopo somministrazione di mezzo di contrasto (MdC), DP/T2 con e senza saturazione del grasso (FAT SAT) e Single-Shot SE-EPI-DWI (b value: 50-400-800 s/mm2).RisultatiAbbiamo riscontrato 7/23 lesioni benigne (3 a matrice mixoide, 4 non mixoide) e 16/23 maligne (4 a matrice mixoide, 12 non mixoide), con diametro compreso tra 21 mm e 20 cm. L’analisi qualitativa della DWI ha dimostrato persistenza dell’iperintensità di segnale al crescere dei tre b value in tutte le lesioni maligne. L’analisi quantitativa della mappa del coefficiente apparente di diffusione (ADC) ha evidenziato una differenza statisticamente significativa dei valori di ADC tra lesioni benigne e maligne.ConclusioniNella nostra esperienza l’imaging DWI, attraverso la valutazione qualitativa del segnale e l’analisi quantitativa, ha mostrato buona correlazione con i rilievi istologici.

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Maria Gloria Angeretti

Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi

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C. Fugazzola

Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi

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Leonardo Callegari

Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi

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Mario Ronga

University of Insubria

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