F Pacini
University of Chicago
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Publication
Featured researches published by F Pacini.
Clinical Endocrinology | 1983
F Pacini; Leslie J. DeGroot
Cellular interactions involved in Graves’disease were studied in patients in different stages of the disease and in normal controls. Synthesis and secretion of immunoglobulin G (IgG) in the supernate of pokeweed mitogen (PWM)‐stimulated cultures of constant numbers of non E rosette forming cells (E− cells) and of increasing numbers of autologous E rosette forming cells (E+ cells) (E+/E− ratios = 1:1, 2:1, 4:1, 8:1, 10:1) were measured by a specific solid‐phase radioimmunoassay. In the normal group, the mean IgG production increased with increasing E+/E‐ ratio (T helper effect), reaching a maximum at a T/B ratio of 4:1, then decreased at higher E+/E− ratios (T suppressor effect). At a E+/E− ratio of 10:1 the IgG synthesis was 39% of the peak value. In the Graves’patients the mean IgG synthesis increased with increasing numbers of E+ cells at every ratio with a peak value found at E+/E− ratio = 10:1. There was no detectable suppressor effect. In three experiments performed with allogeneic combinations of cells, it was observed that the Graves’E− cells were able to respond both to helper and suppressor signals from normal E+ cells, while the Graves’E+ were not able to suppress IgG synthesis by normal E− cells. Treatment of E+ cells with 3,000 cGy of irradiation before adding them to E− cells abolished the suppressor effect seen at the higher E+/E− ratios in the normal controls because of inactivation of the T suppressor lymphocytes. In contrast, the same procedure was without effect on the IgG synthesis by E− cells in Graves’patients. When peripheral blood mononuclear cells (PBMC) were cultured in the presence of PWM and of PWM + Concanavalin‐A (Con‐A), the PWM‐induced synthesis of IgG was suppressed in the presence of Con‐A by 75% (using unfractionated PBMC) and 74% (using E+/E− cells) at 1:1 ratio in normal controls, while Graves’patients’cells caused lower suppression of 66 and 48%, respectively. This latter value was significantly different from that found in the normal group (P < 0·05).
L’Endocrinologo | 2012
Luigi Bartalena; Luca Chiovato; Gianfranco Fenzi; Claudio Marcocci; Stefano Mariotti; Enio Martino; F Pacini; Paolo Vitti; Paola Michele; Katia Lucia; Raffaella; Alessia Fusè; Canzio Fusè
196 Per noi allievi scrivere una memoria di Aldo Pinchera è compito estremamente arduo, perché la sua personalità era straripante e comunque le nostre parole sembreranno ai più esagerate e condizionate da una ammirazione per la sua persona sproporzionata alla realtà. Basterebbe elencare i riconoscimenti ricevuti, le cariche ricoperte, ricordare il ruolo che ha avuto nella medicina universitaria a livello nazionale, il suo successo nel creare una scuola che si è affermata a livello internazionale per capire che stiamo parlando di una persona che nella sua vita ha dato un forte impulso alla endocrinologia ed alla medicina tutta. Nato a Napoli, si era trasferito con la famiglia a Roma, dove ha compiuto tutti gli studi. Dopo la Laurea in Medicina ha voluto iniziare una attività di ricerca nella fisiopatologia tiroidea, che ha condotto come fellow prima all’Istituto di Biochimica di Marsiglia, e subito dopo al Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, di Boston. Qui ha conosciuto molti scienziati che negli anni successivi hanno scritto la storia della ricerca in endocrinologia. Fin dagli inizi degli anni ’60 Aldo Pinchera aveva stabilito una rete di collegamenti internazionali molto forte, basata non solo sull’apprezzamento del suo valore scientifico da parte dei colleghi stranieri, ma anche sulla sua forte personalità e sulla capacità incredibile di stabilire contatti umani. Quest’ultima dote era facilitata da una brillante conversazione basata su una cultura profonda e multiforme. La naturale tendenza di Aldo a ricercare una cultura globale ed a confrontarsi con il meglio esistente in uno specifico settore, ha costituito l’essenza dell’insegnamento che ha dato a noi, suoi allievi. Non fermarsi, non limitarsi, guardare, come diceva, “al di là del proprio naso”. All’inizio degli anni ’70 Aldo Pinchera decise di seguire Lidio Baschieri che aveva conseguito a Pisa la cattedra di Medicina del Lavoro. Il reparto di Medicina del Lavoro era ubicato, insieme al reparto di Ortopedia, a Calambrone, nella periferia di Pisa, una sede quindi separata e lontana dal resto dell’ospedale. Ma forse grazie proprio a questo isolamento ed allo spirito di appartenenza all’”Istituto” che ne derivò, Aldo riuscì a costruire un gruppo di allievi fortemente motivati. Chi ha avuto la “fortuna” (ma chi la avrebbe definita fortuna allora?) di vivere l’atmosfera di Calambrone ebbe il proprio tempo assorbito completamente dalla clinica e dalla ricerca in laboratorio, in un ambiente competitivo e stimolante. Grazie al suo prestigio internazionale Aldo ha ottenuto per tutti i suoi allievi borse di studio nei più prestigiosi istituti di ricerca europei e soprattutto americani (diceva sempre che l’esperienza negli Stati Uniti era essenziale per la formazione di un ricercatore completo), gettando così le basi della scuola endocrinologica pisana che si è poi negli anni affermata a livello nazionale ed internazionale. Noi vogliamo però ricordare Aldo cercando, se possibile, di dare un’idea della sua personalità nella vita di tutti i giorni. Lo ricordiamo sul luogo di lavoro, pieno di impegni, quasi affannato, dietro la sua scrivania a risolvere 3 o 4 problemi contemporaneamente, parlare ad un telefono, lasciare un altro interlocutore in attesa ad un secondo telefono, e negli intervalli parlare con un collaboratore. Questa era la vita che prediligeva, che voleva fare. Ad Aldo piaceva avere nel suo studio più collaboratori tutti insieme, con ognuno dei quali aveva da discutere un problema diverso. Amava questi incontri collegiali in cui manifestava la sua completa dedizione al lavoro non disdegnando di occuparsi anche di questioni di minor importanza. Con il suo esempio dimostrava chiaramente che è necessario mettere tutto il proprio impegno per ottenere il risultato voluto in qualunque attività di tutti i giorni. Spesso, dobbiamo dire, era insoddisfatto del nostro operato, esigeva sempre più impegno, più qualità. Non di rado dava lui l’esempio risolvendo seduta stante una situazione difficile, facendo telefonate o scrivendo una lettera. Per Aldo il tempo aveva una dimensione irreale, non oggettiva... Entrava in ufficio affannato, ansioso per le n Ricordo di
The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism | 1982
Vitaya Sridma; F Pacini; Leslie J. DeGroot
Journal of Clinical Immunology | 1982
F Pacini; Philippe Fragu; Stefano Mariotti; Leslie J. DeGroot
Clinical Endocrinology | 1983
F Pacini; Vitaya Sridama; J. Pressendo; Leslie J. DeGroot; M. E. Medof
Archive | 2018
Mario Rotondi; Luca Chiovato; F Pacini; Luigi Bartalena; Paolo Vitti
Archive | 2013
F Pacini; Leslie J. DeGroot
Archive | 2013
F Pacini; Leslie J. DeGroot
Archive | 2013
F Pacini; Leslie J. DeGroot
Archive | 2013
F Pacini; Leslie J. DeGroot