Giuliano Menguzzato
Mediterranean University
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Featured researches published by Giuliano Menguzzato.
Italian Journal of Forest and Mountain Environments | 2010
Anna Barbati; Piermaria Corona; Francesco Iovino; Marco Marchetti; Giuliano Menguzzato; Luigi Portoghesi
During the last decades adapting silvicultural systems to a changed society, increasingly aware of the multifunctional role of forests, was a much debated issue in Italy. Stemming from this discussion is the systemic silviculture concept, an adaptive forest management tool aimed at cultivating the forest as a self-organizing system and focusing on sustaining its functional efficiency as the best way to enhance forest multi-functionality. This concept has much connection with the Ecosystem Approach defined by the Convention on Biological Diversity as a strategy for the integrated management of land, water and living resources that promotes conservation and sustainable use in an equitable way. In the following a case study is presented where the principles of systemic silviculture are implemented in the management of private and common forest properties in the Serre mountains of the Calabria Region (Italy); relationships with the Ecosystem Approach principles are analyzed in order to evaluate to what extent systemic silviculture can be regarded as a means to bring the EA to the implementation level.
L'italia Forestale E Montana | 2010
Francesco Iovino; Pasquale A. Marziliano; Giuliano Menguzzato; Antonino Nicolaci
In Italia vi sono diversi boschi nei quali l’assenza di impatti significativi legati alle attivita umane per un periodo di tempo sufficientemente lungo, ha consentito alle dinamiche naturali di esprimersi, dando luogo a cenosi strutturalmente complesse e ricche di biodiversita. Per tali caratteristiche, questi popolamenti forestali possono essere considerati boschi vetusti. L’analisi della struttura, della componente viva e di quella morta, consente di individuare e definire lo stadio evolutivo del bosco e il grado di complessita del sistema. Il presente lavoro ha lo scopo di definire, attraverso l’esame della struttura della biomassa viva e morta, lo stadio evolutivo di alcune faggete vetuste nell’Appennino Meridionale (Campania e Basilicata), in relazione al disturbo antropico subito nel passato (forme colturali) e, successivamente, per cause naturali (abbandono colturale da lungo tempo). Per ciascun caso di studio sono stati analizzati i profili strutturali con i relativi parametri biometrici ricavati dall’analisi di plot di 5000 m2 di superficie. Per l’analisi della struttura orizzontale sono stati utilizzati gli indici del gruppo NBSI (NBSI-Neighbourhood Based Structural Indices), e quello di Latham per la descrizione della struttura verticale. Per la stima della necromassa sono stati considerati gli alberi morti in piedi (standing dead trees e snag), quelli morti a terra (dead downed trees) e i frammenti legnosi (lying wood pieces) e le ceppaie (stumps). L’eta delle piante e stata determinata contando il numero di anelli presenti su carotine prelevate a 1,30 m da terra. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza la presenza di alberi di 300-350 anni di eta, l’indice di Latham un profilo verticale piuttosto articolato, tipico di strutture assai complesse. La necromassa e risultata piuttosto elevata, variando da 50 a 90 m3ha-1. L’analisi della struttura orizzontale ha evidenziato come la morte per senescenza di grossi alberi o per eventi perturbativi molto forti, ha determinato l’apertura di gaps, nei quali si e affermata la rinnovazione naturale, generando cosi uno stadio multicoorte. Le caratteristiche strutturali dei popolamenti e i caratteri della necromassa sono risultati tipici delle fasi piu mature della dinamica forestale e consentono di considerare le faggete prese in considerazione vetuste per eta,struttura e biomassa.
L'italia Forestale E Montana | 2007
Orazio Ciancio; Francesco Iovino; Giuliano Menguzzato; Antonino Nicolaci
La produzione di biomassa per fini energetici e tradizionalmente rappresentata dalla legna da ardere, ottenuta prevalentemente dall’utilizzazione dei cedui. In Italia dei 5,1 milioni di metri cubi di legna per combustibile (legna da ardere, fasciname e legna che verra sottoposta a carbonizzazione) ben il 78% proviene dai cedui. Oltre i cedui «a regime», ai fini della produzione di biomasse, assumono particolare importanza quelli da tempo non piu utilizzati e che hanno superato largamente il turno consuetudinario. In questi popolamenti la biomassa e aumentata in modo significativo e le caratteristiche dei suoli sono migliorate. Per questi boschi, per lo piu di proprieta pubblica ma anche di privati che per cause diverse hanno abbandonato la coltivazione, la scelta di avviare la conversione del ceduo in fustaia e obbligata e diviene una ipotesi di lavoro da attuare nella consapevolezza che tale pratica colturale corrisponde a interessi collettivi, oltre che individuali. Nel presente lavoro viene valutata l’entita della biomassa legnosa utilizzabile con interventi di diradamento in cedui di faggio, che hanno superato il turno consuetudinario, applicando il metodo del rilascio intensivo di allievi, che prevede un algoritmo colturale basato su interventi di debole intensita, ripetuti a brevi intervalli di tempo. Applicando tale metodo e stato verificato come prelevando dal 13 al 33% di massa con, rispettivamente il 29 e 43% di polloni, non si alterano le condizioni strutturali del soprassuolo, non si modifica l’efficacia della copertura sulla conservazione del suolo, non si provoca un impatto negativo dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Inoltre, si utilizzano mediamente da 50 a 100 m 3 ha -1 di massa legnosa che possono contribuire significativamente ad alimentare la filiera del legno per usi energetici.
Italian Journal of Forest and Mountain Environments | 2009
Pasquale A. Marziliano; Giuliano Menguzzato; Luca Pelle
La storia recente dei boschi demaniali sull’Appennino Meridionale e stata caratterizzata da interventi di forte intensita seguiti da periodi piuttosto lunghi di abbandono, mentre in quelli di proprieta privata, spesso, sono state adottate forme di trattamento empiriche legate a usi e tradizioni locali, sostanzialmente riconducibili al taglio a scelta.Queste forme di gestione hanno portato all’affermazione di strutture sostanzialmente differenti,riconducibili a quelle semplificate dei popolamenti monoplani, oppure a quellecomplesse dei soprassuoli disetanei. In questo studio vengono esposte le caratteristiche strutturali di alcuni sistemi forestali fra quelli piu significativi dell’Appennino calabrese, con particolare riferimento ai boschi puri e misti di faggio e abete. Sono state prese in esame quattro tipologie strutturali: 1) faggeta monoplana; 2) faggeta pluristratificata; 3) fustaia mista faggio-abete pluristratificata; 4) abetina pluristratificata.Per la caratterizzazione dell’eterogeneita strutturale, oltre alla tradizionale descrizionedegli attributi selvicolturali e dendrometrici, sono stati utilizzati anche alcuni indici sintetici fra quelli piu largamente applicati in questo genere di analisi (sistema di indici NBSI, indice di Morisita e di Latham). Lo studio ha confermato come l’applicazione di forme di trattamento riconducibili a quelle della selvicoltura classica portano alla formazione di strutture semplificate, mentre il taglio a scelta consente la perpetuazione di strutture pluristratificate. Inoltre, gli indici di struttura sintetici presi in considerazione possonodare un contributo positivo per una piu efficace differenziazione della distribuzione spaziale orizzontale e verticale delle piante all’interno di un popolamento.
Journal of Soils and Sediments | 2018
Valeria Altieri; Silvio De Franco; Fabio Lombardi; Pasquale A. Marziliano; Giuliano Menguzzato; Paolo Porto
PurposeForests play a key role in providing protection against soil erosion. Particularly, the role of vertical forest structure in increasing rainfall interception capacity is crucial for mitigating raindrop impact and reducing splash and rill erosion. For this reason, studies on the relationships between forest structures, the past management, and the observed rates of soil loss are needed. In the last few decades, importance was given to the use of cesium-137 (137Cs) as radioactive tracer to estimate soil erosion rates. The 137Cs technique is linked to the global fallout of bomb-derived radiocesium which occurred during a period extending from the mid 1950s to the late 1970s.Materials and methodsThe 137Cs technique, providing long-term retrospective estimates, could be related to forest treatments applied during the last decades in different sites, also considering the tree species composition. This approach could be useful to compare the effect of different canopy cover and biomass on soil erosion rates related to different tree species. In the work proposed here, a study area dominated by pine and beech high forests located in the Aspromonte Mountains (Calabria, Italy) was selected. The measurements, related to forest structural traits, focusing on canopy cover and biomass, and also on management approaches and forest types, are compared with rates of soil erosion provided by 137Cs.Results and discussionThe overall results suggest that the minimum values of soil loss are documented in areas with higher canopy cover and biomass evidencing the protective effect provided by forests against soil erosion. Also, techniques based on the use of tracers like 137Cs proved to be helpful to select the best forest management options useful to optimize the protective role of forests, with the aim to reduce erosion processes in a long-term perspective.ConclusionsThe experiment indicates that care must be taken when new silviculture treatments are planned. These findings are in agreement with what documented by other authors in similar environments but need further studies to confirm the effectiveness of using 137Cs in different forest ecosystems.
Journal of Mountain Science | 2017
Pasquale A. Marziliano; Vittoria Coletta; Angelo Scuderi; Clemente Scalise; Giuliano Menguzzato; Fabio Lombardi
In Europe, very small forest areas can be considered to be old-growth, and they are mainly located in Eastern Europe. The typical structures of old growth forests infrequently occur in Mediterranean mountainous environments, since they have been affected by human activities for centuries. This study focused on a remote and almost pure Italian maple stand located in southern Italy, which has not been managed for long time due to its inaccessibility. The effects of natural evolution on the forest stand were evaluated through the analysis of the spatial and chronological structure and the regeneration patterns, then estimating the amounts and quality of deadwood occurrence. Across the whole stand, all the trees with DBH (diameter at breast height) larger than 50 cm (LLT, large living trees) were measured (DBH and height) and age was also determined through a dendrochronological approach. The diameters observed ranged between 50 and 145 cm with ages of 120 to 250 years. The Latham index calculated for trees within the sample plot highlighted a multilayered canopy with a dominant layer of large living trees (age > 120 years). The size-class distribution of stems had a reverse-J shape, and basal area was 52 m2 ha-1. Deadwood was exclusively constituted by standing dead trees and CWD and its volume was on average 31 m3 ha-1.Pure Italian maple forests are generally rare in Europe, and it was unexpected to find a forest stand characterized by a so complex structure with old growth attributes. The study of complex forest stand, even if small, could give precious information on the forest evolution, clarifying also diverse auto-ecological traits of tree species that usually are not common in our forests.
L'italia Forestale E Montana | 2008
Orazio Ciancio; Pasquale A. Marziliano; Giuliano Menguzzato; Luca Pelle
Nella realizzazione di impianti di arboricoltura da legno la scelta del sesto d’impianto costituisce un elemento di grande importanza. Esso ha implicazioni importanti sulla gestione del soprassuolo dal punto di vista ecologico, colturale ed economico e ne condiziona la dinamica evolutiva. Differenti densita d’impianto hanno effetti diversi sull’accrescimento delle singole piante e del soprassuolo nel suo complesso. Questo studio, condotto in piantagioni di douglasia in Calabria, si e posto l’obiettivo di valutare gli effetti della densita di impianto sui principali parametri di interesse dendro-auxometrico del soprassuolo. Le densita d’impianto poste a confronto variano da 2500 a 833 piante a ettaro. I risultati conseguiti a 40 anni dalla piantagione, evidenziano come la scelta delle distanze d’impianto negli impianti di arboricoltura da legno assume una grande importanza poiche condiziona il modulo colturale da adottare nella gestione.
L'italia Forestale E Montana | 2006
Lorenzo Arcidiaco; Orazio Ciancio; Vittorio Garfì; Francesco Iovino; Giuliano Menguzzato; Antonino Nicolaci
Nel presente lavoro si fa il punto sulla distribuzione del castagno in Calabria avvalendosi di diversi strati informativi (CORINE Land Cover 3, foto aeree b/n del 1978/1982, ortofotodigitali del 1998, cartografia contenuta nei piani di assestamento). Sulla base delle informazioni desunte e stata allestita la carta della distribuzione del castagno in Calabria in scala 1:250.000. Inoltre, viene definito il campo di idoneita ecologica della specie, in Calabria, attraverso i parametri climatici e geopedologici che ne caratterizzano l’area di vegetazione.
L'italia Forestale E Montana | 2007
Francesca Gentile; Vittoria Mendicino; Giuliano Menguzzato; Luca Pelle
La realizzazione di impianti con specie forestali rappresenta un significativo momento di recupero di terreni agricoli marginali e consente di produrre biomassa e, al contempo, di migliorare i suoli e creare soluzioni di continuita nel paesaggio agrario. La coltivazione di specie forestali per la produzione di legno configura un sistema bio-ecologico di tipo agronomico, caratterizzato da algoritmi colturali intensivi e dalla reversibilita della coltura. Il presente studio analizza un intervento di arboricoltura da legno a scala aziendale in ambiente mediterraneo, realizzato negli anni ottanta nell’Azienda Mazzone nell’alto Ionio Cosentino (Calabria). Vengono analizzati i risultati ottenuti alla fine del turno previsto dal piano di gestione.
L'italia Forestale E Montana | 2007
Vittoria Mendicino; Giuliano Menguzzato; Michela Nocetti; Giovanni Tabacchi
Il presente lavoro illustra le caratteristiche selvicolturali e dendro-auxometriche di un ceduo di Eucalyptus occidentalis (Endl.), alla fine del primo ciclo agamico, che si trova nel comune di Crotone sulla costa ionica della Calabria. Sulla base di un campione di alberi raccolto al momento della ceduazione, e stata elaborata una tavola della biomassa arborea epigea distinta nelle componenti: fusto e rami grossi con diametro fino a 3 cm, ramaglia minuta (cimale e rami con diametro inferiore a 3 cm) e foglie. Inoltre, un sottocampione di alberi modello e stato utilizzato per la misura del contenuto di macroelementi (azoto, fosforo e potassio) e microelementi (calcio, ferro, zinco, manganese, boro e magnesio) nelle varie componenti della fitomassa epigea. I dati cosi ottenuti hanno consentito di valutare il contenuto medio di macro e microelementi nei polloni e l’entita della loro asportazione come conseguenza della ceduazione.